venerdì 8 ottobre 2010

SE LA MEMORIA NON HA COLORE, SI DEDICHI UNA STRADA AD ALFREDO PIZZONI

La toponomastica è lo specchio di una città. Ne riflette la storia, civile e religiosa; ne ricorda i personaggi illustri; ne rende visibili le mutazioni economiche e sociali.
Chi sfoglia quel vero e proprio monumento di cultura che è l’opera Le strade di Cremona di Gianfranco Taglietti fa un tuffo nella storia della nostra città, soprattutto degli ultimi due secoli: ne può conoscere i figli più illustri; sa in quali personaggi nazionali si rispecchiavano le opinioni delle classi dirigenti che ebbero a governare la città; viene a sapere quali episodi della storia patria abbiano maggiormente colpito la mente ed il cuore dei cremonesi.
Se tale è il ruolo della toponomastica, è facile comprendere come sempre vi siano state, sulla intitolazione di vie e piazze, contrapposizioni politiche, culturali, ideologiche.
Anche a Cremona, la città rossa (di tetti, di torri, di passioni), come ebbe a definirla il concittadino Corrado Stajano, come era prevedibile, sono sorte polemiche, ancora non sopite, sulla opportunità o meno di intitolare una via ad Aldo Protti, grande baritono, ma attivo protagonista di una stagione assai dolorosa della vita del nostro paese. Aderì, infatti, alla Repubblica Sociale Italiana e si ritiene (ma non credo la notizia sia assolutamente certa) abbia partecipato al rastrellamento di partigiani, anche cremonesi, sul Col di Lys in Piemonte.
A sessantacinque anni dalla fine della guerra, la Resistenza costituisce ancora, oltre che un valore, un ricordo vivido per le generazioni più anziane. In talune famiglie, colpite personalmente negli affetti più cari, il periodo tra il 1943 e il 1945 è ancora una ferita aperta: si può, quindi, capire come a taluno ripugni dare un riconoscimento pubblico non tanto all’artista lirico, quanto al combattente della Repubblica Sociale.
Con altrettanta franchezza, tuttavia, debbo dire che, dopo tanti anni dalla fine della guerra, è necessario operare perché le ferite vengano rimarginate e le persone possano essere ricordate per quanto di buono hanno compiuto nella loro vita, piuttosto che per gli innegabili errori.
Con soddisfazione, quindi, ho recentemente notato a Roma, non lontana l’una dall’altra, due vie intitolate rispettivamente a Vincenzo Arangio Ruiz e Pietro De Francisci, entrambi eminenti studiosi del diritto romano, ma liberale antifascista il primo e Ministro della Giustizia di Mussolini il secondo.
Secondo la mia opinione, quello che sinora ha danneggiato Aldo Protti (ed ha impedito che gli fosse intitolata una strada), è il clima di revanchismo politico sotteso alle ricorrenti richieste di intitolazione di una via al personaggio.
Credo, invece, che la città di Cremona debba avere l’orgoglio di intitolare vie e piazze ai suoi figli più illustri, se è vero, come è stato detto, che la memoria non ha colore (anche se non condivido completamente questa affermazione, nel momento in cui tende a porre tutti i personaggi del passato sul medesimo piano).
Già qualche anno fa, su queste stesse colonne, proposi di intitolare una strada a due eminenti personaggi, nati a Cremona e provincia, Gino Gorla, fondatore della scienza del diritto comparato in Italia, e Paride Formentini, Direttore generale della Banca d’Italia e poi Presidente della Banca europea degli investimenti.
La mia proposta fu accolta da un assordante silenzio. Formulo ora una nuova proposta, quella di intitolare una strada ad Alfredo Pizzoni, colui che fu definito il banchiere della Resistenza.
Alfredo Pizzoni, nato a Cremona il 20 gennaio 1894, figlio del generale Paolo Pizzoni, interruppe gli studi a causa dello scoppio della prima guerra mondiale, alla quale partecipò come ufficiale dei bersaglieri, meritando una medaglia d’argento al valor militare. Dopo gli studi ad Oxford e a Londra, si laureò in Giurisprudenza a Pavia nel 1920, e subito dopo venne assunto al Credito Italiano, banca in cui iniziò una brillante carriera. Dopo l’avvento al potere del fascismo si avvicinò ai gruppi di Giustizia e Libertà, subendo gravi discriminazioni sul lavoro. Nel 1933, su pressione della moglie, prese la tessera del partito fascista. Pur esonerato dalla chiamata alle armi nel 1940 per la sua posizione in banca, decise di arruolarsi volontario. Come maggiore dei bersaglieri meritò una seconda medaglia, questa volta di bronzo. Nel 1942, fu smobilitato per ragioni di salute e riprese il lavoro in banca. Subito dopo l’8 settembre 1943 Pizzoni, pur non appartenendo ad alcun partito politico, fu scelto per presiedere il CLN lombardo, che, nel febbraio del 1944, divenne il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia. Le sue esperienze lo rendevano un uomo particolarmente adatto a quel ruolo, in quanto Pizzoni univa al sicuro antifascismo e all’esperienza militare, una profonda conoscenza degli ambienti bancari e finanziari lombardi (essenziale per organizzare il finanziamento della guerra partigiana) e una dimestichezza con la lingua e la cultura inglese, che favoriva i rapporti con i rappresentanti delle forze alleate. Per due anni Pizzoni coordinò uomini, denaro e strutture dei partigiani.
Subito dopo la liberazione, il 27 aprile 1945, Alfredo Pizzoni fu sostituito alla guida del CLNAI da Rodolfo Morandi, nominato in rappresentanza dei socialisti. Tornò al suo lavoro in banca, sino a diventare presidente dei Credito Italiano. Il suo contributo alla Resistenza fu rapidamente dimenticato. Alfredo Pizzoni subì, infatti, una vera e propria damnatio memoriae, tanto è vero che, nel poderoso volume di Claudio Pavone dedicato alla Resistenza (Una guerra civile, Torino, 1991) è citato una sola volta in più di ottocento pagine. La sua estrazione sociale e soprattutto il suo forte idealismo patriottico, poco incline al compromesso, non erano ben visti dai professionisti della politica e da quanti tendevano ad identificare la Resistenza nei soli partiti di sinistra. Colpito da un tumore alla gola, morì a Milano il 3 gennaio 1958, a soli 63 anni.
Alfredo Pizzoni è quindi una figura chiave cancellata dalla comune memoria storica, anche se la Resistenza, senza Alfredo Pizzoni, non avrebbe mai avuto energie sufficienti per operare.
Cremona, la città che gli diede i natali, ha il dovere morale di ricordarlo.

(articolo pubblicato sul quotidiano "La Cronaca" nel giugno 2010)

Nessun commento:

Posta un commento