martedì 12 luglio 2011

LA TOPONOMASTICA FRA STORIA E POLITICA

La toponomastica riguarda l’attribuzione di una denominazione a luoghi e monumenti pubblici o di fruizione pubblica.
E ciò sia per renderne agevole l’identificazione, sia, soprattutto per i monumenti, per l’omaggio alla memoria di alcune persone giudicate particolarmente meritevoli di essere ricordate.
La meritevolezza dei soggetti cui dedicare aree di circolazione (vie, vicoli, calli, viali, piazze e simili), viene, come è facilmente intuibile, valutata diversamente a seconda dei tempi, dei luoghi e del relativo clima politico.
La prima volta in cui mi recai in Spagna, poco dopo la morte di Franco, agli albori del processo di transizione verso la democrazia, non vi era città spagnola che non avesse una avenida o una plaza “del Generalisimo”. Oggi credo che, anche a girare tutta la Spagna, da Madrid a Barcellona, da Bilbao a Siviglia, non se ne troverebbe neppure una.
E’ intuibile, quindi, come il legislatore abbia circondato di particolari cautele la scelta di dedicare una via o una piazza a personaggi contemporanei.
La materia è regolata dal R.D.L. 10 maggio 1923 n. 1158 (convertito nella Legge 17 aprile 1925 n. 473), nonché dalla Legge 23 giugno 1927 n. 1188, che prevede una speciale autorizzazione prefettizia ove la scelta ricada sul nominativo di un personaggio contemporaneo.
Inoltre, qualora si intenda mutare, in un Comune, il nome di una strada o di una piazza, si dovrà chiedere ed ottenere preventivamente l’approvazione del Ministero della Pubblica Istruzione (ora dei Beni culturali).
Come ha ritenuto il Consiglio di Stato, la norma è motivata dall’esigenza di non mutare, se non in casi eccezionali la denominazione di antiche strade o piazze che rappresenta storicamente la volontà delle amministrazioni nelle diverse epoche e comporta il ricordo dell’antico evento o personaggio, caratterizzante lo stesso luogo (Cons. Stato, Sez. VI, 12 dicembre 2002, n. 6790).
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Essendo questa la normativa, accade, nella pratica, che nuove denominazioni vengano attribuite soprattutto a strade e piazze nuove che a Cremona, città il cui sviluppo urbanistico è fermo da anni, certamente non abbondano.
In questo quadro, si collocano le polemiche, ancora non sopite, sull’intitolazione di una strada ad Aldo Protti che fu certamente un grande cantante lirico, ma è ricordato anche per essere stato un combattente, non pentito, della Repubblica Sociale Italiana.
Eppure anche Protti fa parte della storia della nostra città. L’intitolazione a lui di una strada non può quindi essere ritenuta completamente fuori luogo ma, per essere accettata dalla coscienza collettiva, deve inserirsi in una prassi per cui tutti i cremonesi illustri devono avere un riconoscimento toponomastico.
Ciò, invece, è accaduto di rado atteso che spesso alle nuove strade sono stati attribuiti, negli ultimi decenni, nomi di fantasia. Così sono sorti i quartieri dei castelli, dei fiori, degli alberi.
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Non pochi cremonesi, invece, meriterebbero di essere ricordati con la intitolazione di una via o di una piazza. Due, Gino Gorla e Paride Formentini, ho già avuto modo di ricordarli tempo fa su queste stesse colonne.
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Desidero, perciò, lasciare una sorta di pro-memoria agli amministratori, attuali e futuri, del Comune, ricordando alcuni personaggi significativi della nostra storia recente, cui si potrebbero intitolare strade o piazze.
Come già ho detto, mi pare, infatti, preferibile, laddove non esistano antichi toponimi, dedicare vie o piazze a personaggi illustri, piuttosto che denominarle con nomi di fantasia, privi di qualsiasi riferimento con la realtà (in via degli Ontani, non credo vi sia neppure un ontano).
Il primo personaggio che vorrei suggerire è Felice Guarneri. Nacque a Pozzaglio nel 1882 da una famiglia di agricoltori, e si laureò in economia a Venezia, nel 1906.
Dopo alcune esperienze nell’ambito delle Camere di Commercio e dopo aver combattuto nella grande guerra come sottotenente di fanteria, fu chiamato a dirigere i servizi economici della Confindustria.
Nel 1937 fu nominato Ministro per gli scambi e le valute (un Ministero di nuova istituzione trasformatosi, nel dopoguerra, nel Ministero del Commercio con l’estero). Fu rimosso nel 1939, come capro espiatorio dell’impreparazione bellica del paese.
Dal 1940 al 1944 presiedette il Banco di Roma.
Prosciolto dalla Commissione di epurazione, nel dopoguerra ricoprì vari incarichi in grandi gruppi industriali, sino alla morte, avvenuta a Roma nel 1955.
Liberista in economia e liberale a riformatore in politica è il prototipo del tecnocrate che, senza mai identificarsi con il fascismo, collaborò attivamente con il regime, convinto di fare l’interesse del paese.
A Felice Guarneri può essere accomunato Giuseppe Bianchini, nato a Cremona nel 1876 e morto a Milano nel 1970, direttore e poi presidente dell’Assobancaria, senatore del Regno e sottosegretario alle Finanze nel 1935. Ricordo di averlo incontrato negli anni Sessanta, a Pavia, presso l’Almo Collegio Borromeo (di cui, all’epoca, ero studente). Ultraottantenne era il decano della Associazione alunni del Collegio.
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Personaggio del tutto diverso è Carlo Falconi, nato a Cremona nel 1915 e scomparso nel 1988. Fu ordinato sacerdote, ma, nel 1949, per una crisi di fede, si distaccò dalla Chiesa. Iniziò una intensa attività di pubblicista e di storico, collaborando a “Il Mondo”, “Il Giorno” e “L’Espresso”, con articoli, specie nei primi anni, caratterizzati da una certa vena anticlericale.
Divenne, negli anni sessanta, lo storico più noto del cattolicesimo contemporaneo. Fra i suoi numerosi volumi (circa una ventina) si possono ricordare i due monumentali (ed ormai introvabili) “La Chiesa e le organizzazioni cattoliche in Italia” e “La Chiesa e le organizzazioni cattoliche in Europa”, oltre ad una documentatissima biografia del cardinale Antonelli, segretario di Stato di Pio IX.

Pubblicato sul quotidiano "La Cronaca" nel mese di luglio 2011