mercoledì 10 ottobre 2012

LA SAGA DI MATUZALEM E LA GIUSTIZIA SPORTIVA

Francelino da Silva Matuzalem è un calciatore brasiliano, attualmente in forza alla Lazio, che è stato protagonista di una complessa vicenda giudiziaria che, come è stato osservato in un recente articolo pubblicato dalla “Rivista di diritto ed economia dello sport”, può segnare la fine della giustizia sportiva, la cui autonomia in Italia è stata riconosciuta legislativamente dal D.L. 19 agosto 2003 n. 220, convertito con modificazioni nella Legge 17 ottobre 2003 n. 280, recante “Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva”.
Nel 2004, Matuzalem, che allora giocava per il Napoli, sottoscrisse un contratto di ingaggio della durata di cinque anni con un club ucraino, il FC Shaktar Donetsk.
Ciononostante, Matuzalem, nel 2007, risolse (si dice così, anche se i cronisti sportivi usano erroneamente il verbo rescindere, che giuridicamente ha un altro e diverso significato) il contratto, senza dare alcun preavviso e senza giusta causa. Poco dopo la risoluzione, firmò un altro contratto, per la durata di tre stagioni, con il club spagnolo del Real Saragozza.
Il club spagnolo, nell’occasione, si obbligava a tenere indenne Matuzalem da ogni eventuale pretesa risarcitoria derivante dalla risoluzione anticipata del precedente contratto.
Al termine della prima stagione giocata con il Saragozza, quest’ultimo club stipulava un accordo con la Lazio per la cessione temporanea del calciatore per la stagione successiva.
Tuttavia, con decisione del 2 novembre 2007, la Camera di Risoluzione delle Controversie della FIFA ebbe a riconoscere, a favore del club ucraino, per i danni derivanti dalla anticipata risoluzione del contratto stipulato con Matuzalem, un risarcimento di 6,8 milioni di euro.
Questa decisione fu impugnata davanti al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna, il quale annullava parzialmente la precedente decisione, elevando il risarcimento ad 11,86 milioni di euro.
Né Matuzalem né il club ottemperavano al lodo del TAS. Ciò provocava un procedimento disciplinare, all’esito del quale, con decisione del 31 agosto 2010, il Comitato Disciplinare della FIFA, constatata l’inottemperanza del club spagnolo e di Matuzalem, irrogava una sanzione pecuniaria e concedeva un termine di novanta giorni per procedere al pagamento, a pena della “interdizione da qualsiasi attività calcistica o connessa al calcio senza alcun ulteriore avviso”.
Sia il Saragozza che Matuzalem si appellavano ancora al TAS di Losanna il quale, tuttavia, con decisione del 29 giugno 2011, rigettava l’impugnazione, confermando la decisione del Comitato Disciplinare della FIFA.
L’unica strada che, a questo punto, rimaneva al Saragozza ed a Matuzalem era quella di proporre impugnativa davanti al Tribunale Federale svizzero, strada che, alla fine, si sarebbe rivelata vincente.
Con sentenza del 27 marzo 2012, il Tribunale Federale svizzero annullava il lodo del TAS, affermando il principio per cui un atleta non può essere sottoposto ad interdizione perpetua dall’attività calcistica, in virtù di un procedimento di condanna di un organo della giustizia sportiva, configurandosi, in tal caso, una “violazione dell’ordine pubblico internazionale svizzero”.
Il concetto è stato chiarito nella sentenza del Tribunale Federale: una pronuncia favorevole nel merito può infatti determinare una violazione dell’ordine pubblico nel caso in cui si pone in contrasto con alcuni principi fondamentali dell’ordinamento, “diventando assolutamente incompatibile con principi derivanti da valori generalmente riconosciuti, che secondo il comune modo di sentire (“dominants opinion”) in Svizzera rappresentano la base di qualunque ordinamento giuridico”.
Il concetto di ordine pubblico è presente anche nell’ordinamento italiano ed è espressamente menzionato dall’articolo 16 della Legge 31 maggio 1995 n. 218, di riforme del sistema italiano di diritto internazionale privato.
L’ordine pubblico ha la funzione di tutelare l’ordinamento, impedendo che il giudice applichi norme straniere suscettibili di produrre effetti incompatibili con i principi giuridici, ma di valenza etica, politica, economica e sociale che in un determinato momento storico sono posti dalla Costituzione e dalle leggi a base degli istituti giuridici, a presidio dei valori fondamentali che debbono essere rispettati per assicurare l’armonia dell’ordinamento giuridico.
Se il Tribunale Federale svizzero si ritiene competente ad annullare, per contrasto con i principi dell’ordine pubblico, le decisioni del TAS (che è organo avente sede in Svizzera), è evidente che per la giustizia sportiva, sinora autoreferenziale ed orgogliosa della sua alterità, non possono che suonare campane a morto.
* * *
Da ultimo, va ricordato che anche una recente sentenza della Corte Costituzionale italiana (7 febbraio 2011 n. 49) ha fortemente limitato l’autonomia dell’ordinamento sportivo, fissata dal già citato D.L. 19 agosto 203, n. 220, conosciuto anche come “decreto salva calcio” (che doveva essere salvato, si fa per dire, dalle pronunce di alcuni TAR e, in particolare, della Sezione di Catania del TAR per la Sicilia).
In particolare la Corte Costituzionale ha affermato che “qualora la situazione soggettiva (discendente da una vertenza originata in ambito sportivo) abbia consistenza tale da assumere nell’ordinamento statale la configurazione di diritto soggettivo o di interesse legittimo, in base al ritenuto diritto vivente del giudice che, secondo la suddetta legge ha giurisdizione esclusiva in materia, è riconosciuta la tutela risarcitoria”. Aggiunge, inoltre, la Corte che “in tali fattispecie deve, quindi, ritenersi che la esplicita esclusione della diretta giurisdizione sugli atti avverso i quali sono state irrogate le sanzioni disciplinari – poste a tutela della autonomia dell’ordinamento sportivo – non consente che sia altresì esclusa la possibilità, per chi lamenti la lesione di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante, di agire in giudizio per ottenere il conseguente risarcimento del danno”.
Il caso esaminato dalla Corte Costituzionale riguarda il dirigente di una squadra di pallacanestro, che aveva impugnato davanti al Giudice amministrativo, nei confronti della sua Federazione sportiva, la sanzione disciplinare della inibizione allo svolgimento di ogni attività nell’ambito della Federazione stessa.
Il Giudice delle leggi ha escluso la possibilità di instaurare un giudizio di annullamento sulle sanzioni disciplinari sportive, ma ha ammesso la possibilità di chiedere il risarcimento del danno, ove la sanzione sia illegittima.
Anche sotto questo profilo, quindi, il sistema della giustizia sportiva rischia, quindi, di risultare minato sin dalle fondamenta.

mercoledì 3 ottobre 2012

IL CICLONE RENZI SI ABBATTE SULLE PRIMARIE

Dal 13 settembre, il Sindaco di Firenze ha iniziato da Verona, a bordo di un camper, la sua campagna in giro per l’Italia, per lanciare la sua candidatura nelle elezioni primarie, promosse dal Partito democratico, per scegliere il candidato a Presidente del Consiglio della coalizione di centro-sinistra, nelle prossime elezioni politiche.
La candidatura di Renzi ha avuto, per così dire, l’effetto di uno “tsunami”. Prima del 13 settembre, pareva che le elezioni primarie sarebbero solo servite ad incoronare Bersani, già segretario del PD, a candidato Premier. Dopo qualche settimana, invece, non vi è più nulla di scontato. La  candidatura di Renzi, che prima nessun osservatore aveva preso sul serio, si è prepotentemente affermata e, in ogni città in cui si è recato, il Sindaco di Firenze ha attirato centinaia o migliaia di persone. Anzi, secondo taluni sondaggi, i due candidati, Bersani e Renzi, sono quasi alla pari nelle preferenze dei potenziali partecipanti alle elezioni primarie.
Anche nella sonnacchiosa Cremona, la presenza di Renzi, pur se salutata dall’inspiegabile gelo della carta stampata locale, ha destato vivo interesse. Renzi, non preannunciato da manifesti ma solo dal passaparola, ha riempito Palazzo Cittanova e la piazzetta antistante. Una folla così per una manifestazione politica non si vedeva a Cremona almeno dagli anni settanta, quando riempivano le piazze personaggi come Fanfani, Pajetta, Zaccagnini.
Il successo di Renzi che, fino a qualche mese fa, era conosciuto quasi esclusivamente dai fiorentini e dagli addetti ai lavori, è dovuto, in buona parte, al meccanismo delle elezioni primarie, che gli hanno offerto una formidabile occasione per proporre la sua persona e le sue idee.
Come ormai ben si sa, le elezioni primarie sono una competizione elettorale attraverso la quale gli elettori o i militanti di un partito politico decidono chi sarà il candidato del partito (o dello schieramento politico del quale il partito medesimo fa parte) per una successiva elezione ad una carica pubblica.
La ragione delle elezioni primarie è la promozione della massima partecipazione degli elettori alla scelta dei candidati, in contrapposizione al sistema che vede gli elettori scegliere fra candidati designati dai partiti al loro interno.
Le elezioni primarie sono caratteristiche degli Stati Uniti. La prima elezione primaria fu tenuta dal Partito democratico nello Stato della Pennsylvania nel 1847. Dopo la guerra civile americana, si diffusero soprattutto negli stati del Sud, nei quali la rappresentanza politica era di fatto monopartitica. Il Sud, uscito sconfitto dalla guerra civile, premiò, infatti, per decenni il Partito democratico, in contrapposizione al Nord, schierato in prevalenza con i repubblicani. In quel contesto, le primarie avevano il ruolo di introdurre il pluralismo nel sistema politico degli stati meridionali.
A partire dagli anni settanta del novecento, poi, le elezioni primarie si sono generalizzate come strumento di scelta del candidati alla Presidenza ed alle alte cariche politiche, in particolare quelle di governatore e di senatore.
Negli ultimi anni, lo strumento delle primarie dagli Stati Uniti si è diffuso in altri paesi, fra cui la Francia (Hollande è stato scelto come candidato socialista alla Presidenza attraverso elezioni primarie).
In Italia, le elezioni primarie sono state introdotte dal Partito democratico. Le elezioni primarie a livello nazionale (quelle di Prodi nel 2005, di Veltroni nel 2007 e di Bersani nel 2009) si sono limitate a dare legittimazione popolare a candidature già predeterminate dal gruppo dirigente del partito. In periferia, invece, dove si sono svolte numerose elezioni primarie per le candidature a Sindaco o a Presidente di Regione, le elezioni primarie sono state fortemente combattute ed hanno talora avuto risultati assolutamente imprevisti. Sono stati, infatti, spesso premiati candidati “outsider”, in contrapposizione a candidati appoggiati dall’apparato del partito.
L’intuizione di Renzi (che, a suo tempo, contro le previsioni, aveva vinto le primarie per la candidatura a Sindaco di Firenze) è stata quella di applicare la logica delle elezioni primarie locali alle elezioni primarie per la candidatura a Presidente del Consiglio, impedendo che queste si trasformassero in una marcia trionfale di Bersani. Anzi ha capito che l’elettorato è ormai stanco di una classe dirigente immobile ed ingessata, legata in modo sin troppo evidente ai propri privilegi. Da qui, il fortunato slogan della “rottamazione”. Renzi ha poi tratto dall’esperienza delle primarie per le presidenziali americane la necessità di far conoscere per tempo la sua candidatura. Negli Stati Uniti, infatti, le primarie durano cinque mesi (dai primi di gennaio ai primi di giugno) e le candidature vengono “testate” in numerose consultazioni, in stati diversi, dove diverse sono le condizioni politiche, sociali, economiche. In Italia, invece, le primarie si svolgeranno, come nel passato, in un giorno solo (la data più probabile pare essere quella del 25 novembre), ma Renzi ha cominciato la sua corsa elettorale circa due mesi e mezzo prima della data fissata ed intende visitare, una dopo l’altra, tutte le città italiane, così come, negli Stati Uniti, nei cinque mesi delle primarie, i candidati attraversano il paese da un capo all’altro.
Quanto alla partecipazione alle primarie, l’esperienza degli Stati Uniti insegna che vi sono due tipi di primarie, quelle chiuse e quelle aperte. Le primarie chiuse (come, in altro modo, i “caucus” che sono assemblee di iscritti al partito) sono riservate a coloro che si registrano come aderenti all’uno o all’altro dei due principali partiti. Primarie aperte, invece, sono quelle in cui possono partecipare tutti, a condizione di essere elettori nello Stato.
E’ noto il conflitto di questi giorni: i seguaci di Bersani vorrebbero primarie chiuse, e cioè riservate a coloro che vorranno sottoscrivere una dichiarazione di intenti e che accetteranno di vedere inserito il loro nome in un elenco pubblico. Evidentemente ciò favorirebbe il successo di Bersani che, a quanto si sa, può contare sul compatto sostegno dell’apparato del partito. Renzi, che è estraneo alla “nomenklatura” è ovviamente favorevole a primarie aperte.
La scelta della candidatura è una delle principali funzioni svolte, nei regimi democratici, dai partiti. Con le elezioni primarie le candidature vengono selezionate in modo trasparente. Le elezioni primarie, tuttavia, non sono un meccanismo neutrale: l’elettorato (lo si vede sistematicamente nelle elezioni primarie americane) è attratto da candidati nuovi. Uno scarso numero di elettori partecipa, infatti, alle primarie per votare il Presidente uscente, la cui ricandidatura è scontata: tanto è vero che quest’anno ben pochi elettori democratici hanno votato alle primarie, in cui Obama era l’unico candidato.
I candidati nuovi, attraverso le elezioni primarie, si fanno conoscere e si temprano in un agone politico assai combattuto, mostrando le loro doti anche di carattere.
Come ha scritto il costituzionalista Stefano Ceccanti, via via nel corso della lunghissima campagna elettorale, i candidati imparano a divenire, possibilmente, dei Presidenti.
Bill Clinton, che oggi è riconosciuto come un grande Presidente, carismatico e popolarissimo, nel 1992, quando si candidò per la prima volta era quasi uno sconosciuto. Era governatore dello Stato dell’Arkansas, più piccolo e più povero di diverse regioni italiane. Una personalità dal profilo politico inferiore a quello di Renzi, che è Sindaco di una grande città, conosciuta in tutto il mondo.
Clinton era uno dei tanti candidati (che la stampa malevola aveva soprannominato i “sette nani”), ma, alla fine delle primarie, emerse come il candidato che avrebbe sconfitto il Presidente uscente, il repubblicano Bush sr.
E’ evidente, quindi, che il meccanismo delle primarie, non può che favorire Renzi, a danno di Bersani. Indubbiamente il gruppo dirigente del PD, troppo autoreferenziale, ha sottovalutato questo fenomeno.
Se poi le primarie saranno del tipo aperto, ciò provocherà un ulteriore indebolimento del partito che le ha organizzate. E, in genere, dei partiti.
L’impatto delle primarie sul sistema politico sarà, in conclusione, notevole e ben più significativo che in passato.