venerdì 16 dicembre 2011

ROMA CAPITALE O MONZA CAPITALE?

L’aggravarsi della crisi finanziaria e la crisi politica che ne è derivata hanno fatto dimenticare le polemiche di qualche mese fa sull’apertura, nella Villa Reale di Monza, di sedi decentrate di taluni ministeri (Riforme per il federalismo, Semplificazione normativa, Turismo, Economia e finanze).
Pomposamente si è parlato di apertura dei ministeri al nord, anche se, più semplicemente, si è trattato della istituzione di “sedi distaccate di rappresentanza operativa” (secondo le parole dei decreti istitutivi).
Che Roma sia la capitale d’Italia è fuor di dubbio e non credo che, dal 1870, nessuno l’abbia mai messo in discussione. Roma fu proclamata capitale dall’articolo 1 della Legge 3 febbraio 1871 n. 33 e, secondo l’articolo 2 di detta legge, in Roma ha sede il Governo.
Con la recente modifica del Titolo V della Costituzione, che risale al 2001, il ruolo di Roma come capitale della Repubblica è stato costituzionalizzato.
L’articolo 114, ultimo comma, dispone, infatti, che “Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento”.
E’ appena il caso di ricordare che le capitali hanno giocato un ruolo di enorme rilievo nella realtà così come nell’immaginario dell’età moderna. La capitale è stata il simbolo del potere e del prestigio nazionale, la visualizzazione del principio dell’unità dello Stato, il fulcro di complessi apparati politici e di imponenti macchine amministrative. La periferia, la provincia, le altre città hanno talvolta vissuto con disagio il ruolo delle capitali, soprattutto quando, ed è il caso italiano, queste altre città possedevano un’eredità storica e culturale di primo piano o addirittura si presentavano come più convincenti incarnazioni dei processi di modernizzazione.
Come reazione all’accentramento di una molteplicità di funzioni nella capitale dello Stato nazionale, si è posta in modo concreto la necessità di trasferire in altre città parti anche considerevoli delle attività dello Stato centrale.
In Germania, dopo l’unificazione, pur essendo comparsa sulla scena una capitale dai forti connotati simbolici come Berlino, è stata mantenuta una linea di pluralismo.
La sede della Corte costituzionale è restata a Karlsruhe, la Banca centrale a Francoforte, il polo radiotelevisivo a Monaco, e Bonn ha conservato interi dicasteri, così da mantenere il 55 per cento dei posti di lavoro nelle amministrazioni centrali. Accanto alle istituzioni parlamentari, dunque, solo una minoranza delle funzioni governative è migrata verso Berlino.
Anche l’Unione europea ha una struttura policentrica. La Commissione e il Consiglio dei Ministri hanno sede a Bruxelles; il Parlamento si divide fra Strasburgo, Lussemburgo e Bruxelles, la Corte di Giustizia è a Lussemburgo, mentre la Banca centrale europea ha la sua sede a Francoforte.
Per l’Italia si è parlato, più fra gli studiosi che fra i politici, della necessità di costituire una capitale reticolare, intesa come il riequilibrio del sistema urbano nazionale nel suo complesso, con il conseguente rafforzamento di dodici-quindici città italiane nella prospettiva di rispondere adeguatamente alla competizione economica europea.
Merita di essere ricordato, a questo proposito, uno studio della Fondazione Giovanni Agnelli, che risale al 1993, che contiene anche un interessante saggio del costituzionalista Gustavo Zagrebelsky.
Questi ha proposto per l’organizzazione pubblica una struttura “ad arcipelago”, piuttosto che “a piramide”. Ciò consiste nella diffusione delle strutture governanti in più centri localizzati diversamente, “disseminati” in modo che tra di essi non vi siano più rapporti gerarchici, ma semmai rapporti di pari ordinazione e coordinazione.
La scelta di aprire uffici ministeriali a Monza sembrerebbe, ad un primo esame, coerente con questa impostazione.
In realtà non è così, perché tali uffici sono solo uffici di rappresentanza decentrati, atti ad eventualmente favorire i rapporti con i poteri locali. Qualcosa di assimilabile, quindi, agli uffici di rappresentanza che le Regioni hanno a Roma o a Bruxelles, presso la Commissione europea.
Per di più l’operatività di questi uffici (che pare non abbiano mai iniziato a funzionare) è stata sospesa da un decreto del Giudice del Lavoro presso il Tribunale di Roma in data 19 ottobre 2011.
Infatti due sindacati autonomi dei dipendenti della Presidenza del Consiglio, non essendo stata ottemperata, da parte della stessa Presidenza, la richiesta di consultazione delle organizzazioni sindacali sul processo di riorganizzazione collegato all’apertura delle sedi decentrate, avevano presentato un ricorso per repressione di condotta antisindacale, ai sensi dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori.
Il Giudice del Lavoro ha dichiarato “l’antisindacalità della condotta tenuta dalla presidenza del Consiglio dei ministri, consistente nell’istituzione di sedi periferiche della struttura di missione di supporto al Ministro per la Semplificazione normativa e del Dipartimento per le Riforme istituzionali, a mezzo del decreto ministeriale per le riforme per il federalismo, entrambi emanati in data 7.6.2011, omettendo l’informativa preventiva e conseguentemente impedendo la concertazione con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del relativo comparto”. Pertanto, a seguito di questo comportamento, il Giudice del Lavoro ha ordinato “all’amministrazione resistente di desistere dal comportamento antisindacale e di rimuoverne gli effetti”.
Nel frattempo, per effetto della crisi finanziaria, il clima politico è cambiato. Si può pensare che gli uffici di Monza verranno abbandonati, che le ragnatele vi si accumuleranno e che la polvere offuscherà le lucide targhe di ottone, in attesa di tempi migliori.
E’ il destino della Villa Reale di Monza da quando, nel 1900, fu teatro dell’assassinio di Umberto I.


(articolo pubblicato sul quotidiano "La Cronaca" nel mese di novembre 2011)

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